RUSTY BRASS – INCISIONI BARBARICHE (autoproduzione)
https://open.spotify.com/intl-it/album/43AWAyJfoQGbokM3TnbZxL?si=PL7s-zeaQDy-XUsRL78JTA
Incisioni barbariche è l'esordio discografico dei Rusty
Brass, formazione pan-bresciana forte di 3 trombe, 2 tromboni, bassotuba
e basso elettrico, batteria e percussioni.
L'inizio è travolgente, fedele al titolo: una primitiva
nebbia sonora da cui si dipana, misterioso e carico di tensione, il canto di
una tromba, che scatena l'orda barbarica; ma non è il momento del saccheggio o
della battaglia, è la festa, è la danza, è la disco, è Longoparty.
La seconda traccia, Sagai, innesta su un inesorabile funk il
testo programmatico - e labirintico: "È arrivato il momento in cui si
canta/solo che non so di che parlare/ti dirò, la strumentale non mi stanca/e
non ho voglia di cantare". Alla formazione di ottoni si affianca, in
Marcia dei vinti, il suono del vibrafono di Olmo Chittò, che allaccia
elegantemente le due parti del brano: una marcia dal carattere dimesso ed un
reggae orientaleggiante che suona come una redenzione. È poi il turno di
Andrew, rielaborazione in chiave New Orleans (con derive balcaniche) della
celebre 'Andrea', fedele resa della parata di strada arricchita dal sax di
Luca Ceribelli e dalla batteria di Nanni Gaias.
Pezzo X è l'introduzione cupa, monologante e teatrale della
traccia seguente: Iron Rage, ruggito arrugginito che aggredisce l'ascoltatore e
sgomenta tra rap, trombe mariachi, dialetto bresciano e strepiti barbarici.
Subito dopo O.O, poesia luminosa che da un tema sereno e semplice culmina nel
canto dell'intera band e torna dolcemente alla calma, dimostrando tutta la
duttilità degli ottoni.
La traccia seguente si apre con una descrizione d'altri
tempi dei Rusty Brass, un manifesto a dire il vero un po' ingiallito del
concerto che inizia subito dopo: Scherzo finito male. Ma la musica incalzante
ed il ritmo sono interrotti da chi in strada pretende la quiete: 'Ma la volete
finire? La piantate con quel megafono? Ma state ancora suonando?'. Chi avrà
l'ultima parola?
Il disco si era aperto con la disco longobarda, e si chiude
col funk bresciano (anche detto fànc, cioè fango) di Chei de là del fos (Quelli
di là dal fosso: i rivali). Una sassaiola di note, nessun ferito, tutti ballano
e rotolano nel funk, dimenticando i confini spazio-mentali che ci separano.